Il Conte Luigi Della Chiesa di Cervignasco discendente di una nobile famiglia piemontese, dedicò tutta la sua vita al mondo sportivo automobilistico.

Negli anni '30 fondò la "Scuderia Subalpina" (con sede a Torino e la parte operativa a Livorno) con il supporto del Barone Vittorio Mazzonis e Marino Brandoli (responsabile della parte operativa).

 

La Scuderia Subalpina acquisì vetture di formula e sport  dall’ Alfa Romeo e  vari modelli innovativi dalla  Maserati,  elaborandole e adattandole per i vari circuiti internazionali facendo correre giovani piloti che in anni successivi ottennero notevoli successi e salirono sui podi delle più importanti manifestazioni internazionali.

La sede operativa nacque a Livorno (piccolo porto industriale situato sul mar Tirreno in posizione strategica e logistica) e per mezzo di una nave appositamente attrezzata di officina per la realizzazione dei ricambi e sala prova motori consentiva così di raggiungere velocemente i luoghi di gara che non erano mai lontani da un porto di mare. 

Con l'avvicinarsi della II^ guerra mondiale la crisi politica ed economica che venne a crearsi in quegli anni portò la Scuderia Subalpina a ritirarsi dallo sport.

Durante la 2^ guerra mondiale  Luigi Della Chiesa venne  deportato in un campo di concentramento tedesco e  dopo due anni e mezzo riuscì a rientrare a Torino. 

Nel 1946, con la ricostruzione del paese  e la ripresa economica, in lui ritornò viva la passione che lo fece partecipare a numerose gare con Marino Brandoli tra cui la Mille Miglia del 47; in seguito riuscì ad appassionare al mondo delle corse anche sua moglie Paola e la supportò alle manifestazioni e corse fino ai primi anni '50.

 Luigi Brandoli,  figlio di Marino, ricorda con tanto affetto il padrino Luigi negli anni della sua infanzia, a cui trasferì la sua passione per le corse e al mondo automobilistico.

Fu fondatore e sostenitore con altri 19 amici del  Racing Club e si occupò della direzione sportiva della scuderia.

Fu membro nel consiglio dell'Automobile Club  di Torino per molti anni fino alla sua morte nella metà degli anni ’50.

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